Il tumore della prostata è una delle patologie più dffuse tra la popolazione maschile e, stando ai dati più recenti, nel corso della propria vita un uomo su 16 nel nostro Paese sviluppa un tumore della prostata.
Raramente insorge sotto i 40 anni tuttavia, vista la forte componente genetica ereditaria, nelle famiglie con parenti di primo/secondo grado (fratello/nadre/nonno/zio) ha sempre senso cominciare uno screening con PSA annuale e visita urologica dai 40 anni, in quanto la percentuale di possibile insorgenza della malattia, anche in giovane età raddoppia.
Il tumore della prostata non da alcuno disturbo, e cresce silente nel tempo. Esso viene con la visita urologica di prevenzione, un’esplorazione rettale e il controllo del PSA , con un prelievo del sangue.
In presenza di malattia tumorale, e di scarsa prevenzione e controllo, essa cresce indisturbata, dando origine a possibili sintomi delle basse vie urinarie:
Qualora la malattia andasse avanti, possono anche insorgere dolori in sede perineale (tra ano e scroto), dolori alle ossa soprattutto del bacino e anca.
Se fatta corretta prevenzione, il tumore alla prostata può essere diagnosticato in fase precoce o addirittura precocissime con altissima probabilità di totale guarigione
La diagnosi precoce infatti, permette al paziente di ottenere il trattamento più conservativo e meno invasivo possibile per garantire la cura della malattia e soprattutto un’ottima qualità della vita.
Qualora il valore del PSA fosse alto o, pur rimanendo nel range, ha subito un incremento rapido e repentino di e/o l’esplorazione rettale mostri irregolarità della porzione periferica della ghiandola, è possibile che venga posta indicazione ad effettuare una risonanza magnetica della prostata e/o una biopsia prostatica.
Il PSA, acronimo di Antigene Prostatico Specifico è un marcatore prodotto dalla prostata, indice di replicazione cellulare intraghiandolare. Esso in particolare è una glicoproteina che viene implicata nella sua porzione maggiore nella fluidificazione del liquido seminale, mentre in minima parte viene liberata nel sangue. Il dosaggio ematico del PSA è appunto la quantità della glicoproteina presente nel sangue. Essendo organo-specifico e non tumore specifico, esso può essere aumentato in svariati casi:
Il valore del PSA quindi è sempre un valore da interpretare e MAI univoco, in quanto un suo aumento potrebbe essere secondario anche a condizioni di natura benigna che non hanno correlazione con insorgenza di tumore alla prostata.
Il ruolo fondamentale nell’interpretazione del PSA lo svolge lo specialista Urologo che in sede di visita può essere in grado di valutare se il valore è legato al ragionevole sospetto di malattia maligna della prostata, correlandolo all’esplorazione rettale, oppure se il valore è di natura benigna e quindi secondario ad una delle opzioni elencate precedentemente.
Qualora lo specialista abbia il ragionevole sospetto che il PSA aumentato sia secondario a malattia maligna delle prostata, egli può avvalersi di un imaging molto preciso e fine come la RMN prostatica Multiparametrica.
Prima di addentrarci nell’argomento va detto, in maniera preliminare che, ad oggi, nonostante siano corretti quei valori riportati sul referto dell’esame di laboratorio, il PSA non può essere considerato solo in base al valore assoluto ma va “interpretato” dallo specialista.
Per cui il dato del PSA, inteso come singolo esame di laboratorio è un dato che non deve allarmare il paziente.
Che vuol dire “interpretato”?
Il l PSA è un marker a specifico per il tumore della prostata e per l’attivita intracellulare prostatica, ovvero è un indice di replicazione cellulare intra prostatico, per cui si può essere legato al tumore alla prostata, ma spesso e volentieri può anche non essere legato a questo.
Questa glicoproteina è implicata nella stragrande maggioranza della sua quantità, (quindi circa il 90%) nella fluidificazione del liquido seminale, mentre l’altro 10% viene liberato nel sangue, e noi andiamo ad usare proprio quella con un banalissimo prelievo di sangue.
Il PSA dunque è un marcatore fondamentale nello screening urologico, e il suo valore è molto importante soprattutto nella diagnosi del tumore alla prostata, perché ovviamente un PSA alto può essere indicativo per un tumore.
Ma il PSA alto può anche NON essere indicativo di una patologia in essere, ed ecco perché non deve spaventare. Il valore che risulta dalle analisi, deve necessariamente essere interpretato dallo specialista in relazione all’età del paziente, alla grandezza della prostata e allo stato infiammatorio della stessa.
Va anche tenuta in considerazione l’astinenza sessuale del paziente, perchè il PSA può variare in presenza di diverse condizioni come, ad esempio, l’ipertrofia prostatica benigna, di prostatite acuta, oppure prostatite cronica.
La cistite o addirittura banalmente una esplorazione rettale di routine, può alterare il valore del PSA.
Il consiglio, quindi nel momento in cui si fa una visita urologica e non si ha avuto modo di effettuare della analisi, prima della visita stessa, è sempre bene procedere con il prelievo di sangue almeno 15 – 20 giorni dopo il controllo.
E attenzione ad internet e alle informazioni fuorvianti che si possono trovare in rete. IL VALORE DEL PSA VA SEMPRE E COMUNQUE LETTO E INTERPRETATO DA UNO SPECIALISTA ANDROLOGO, questo deve essere molto chiaro, per tutti.
Il valore del PSA elevato, infatti, può essere anche legato a problematiche di natura benigna e non gravi che, se diagnosticate in tempo, possono essere tranquillamente trattate.
Fino a questo momento, abbiamo dato quelle che sono le informazioni generali, in merito a questa particolare patologia.
Adesso, però, è il momento di parlare degli interventi che, attualmente, rappresentano la soluzione definitiva per quello che riguarda l’asportazione della ghiandola prostatica, e il recupero delle funzionalità, da parte del paziente.
Il trattamento del tumore alla prostata è principalmente chirurgico, attraverso l’intervento di Prostatectomia radicale.
La procedura è ormai effettuata con l’ausilio del sistema robotico Da Vinci (negli Stati Uniti circa il 90% di tutte le prostatectomie radicali sono effettuate con tecnica robotica) che rappresenta il “gold standard” chirurgico nel trattamento della patologia localizzata e consente di poter avere un intervento mini-invasivo (vie di attraverso 5 buchi di circa 5 mm sull’addome), con minimo decorso post operatorio (minimo 2 massimo 5 giorni di ricovero)
La tecnica è in grado di dare ottimi risultati oncologici e funzionali, ovviamente tutto questo non è legato solo all’utilizzo della macchina, ma soprattutto all’esperienza e all’abilità del chirurgo.
I vantaggi della prostatectomia radicale robotica, riconosciuti dalle linee guida internazionali di urologica (Linee Guida della Società Europea di Urologia) sono:
Trattamento meno doloroso (la maggior parte dei pazienti non deve assumere antidolorifici dopo la dimissione).
L’intervento consiste nell’asportazione completa della prostata con l’impiego del sistema robotico DaVinci®.
L’intervento si effettua in anestesia generale. Vengono posizionati 6 trocars (porte) attraverso incisioni tra 5 e 8 mm sull’addome che servono per far entrare gli strumenti robotici. Inizialmente, la cavità addominale viene riempita di anidride carbonica per creare una camera di lavoro.
Nel caso in cui fosse oncologicamente necessario – ovvero quando la malattia ha un alto rischio di prograssione (e gli esami diagnostici lo indicano) si procede alla contestuale rimozione dei linfonodi pelvici (linfoadenectomia), a cui afferisce la linfa prodotta dalla prostata, bilateralmente.
La tecnica robotica permette di eseguire, quando necessario, linfoadenectomie estremamente estese ed accurate e quindi la tecnica si presta ad essere utilizzata con successo anche in pazienti con tumore della prostata avanzato.
Successivamente la prostata viene isolata, si isola il collo vescicale che viene risparmiato massimamente per consentire una rapida ripresa della continenza.
Una volta disconnessa la prostata dalla vescica si procede all’isolamento della vescicole seminali.
Durante la procedura viene posta la massima attenzione per salvaguardare i nervi che avvolgono la prostata, fondamentali per una adeguata preservazione della funzione erettile.
In alcuni pazienti in cui la malattia fosse già clinicamente avanzata, si rende necessario sacrificare in parte o totalmente i nervi periprostatici deputati all’erezione per permettere la rimozione completa del tumore.
L’isolamento della prostata si congclude con la sezione dell’uretra prostatica facenndo estrama attenzione alla preservazione completa dello sfintere esterno, muscolo deputato alla conrinenza.
Dopo un accurato controllo di eventuali sanguinamenti si procede all’esecuzione dell’anastomosi tra uretra e vescica (riconstitutizione della continuatà anatomica tra vescica e uretra), che viene eseguita con una sutura in continua con un innovativo filo dotato di alette autobloccanti che garantiscono una tenuta stagna e rapida ripresa della continenza urinaria.
Si posiziona quindi un catetere vescicale senza alcun tubo di drenaggio.
A partire da circa 6 h dopo la procedura, il paziente viene mobilizzato, comincia a bere ed alimentarsi leggermente la sera stessa dell’intervento.
Il catetere vescicale, viene mantenuto in sede per un periodo di solito variabile da 3-5 giorni, a seconda di alcuni fattori intra-operatori e del decorso post-operatorio.
Il paziente viene dimesso dall’ospedale senza catetere vescicale dopo 2-5 giorni
Le possibili complicanze dell’intervento, vista la tecnica, sono praticamente assenti, tuttavia possibili, per cui è sempre bene averle chiare, visto che, sebbene minimvasivo, la prostatectomia radicale è comunque un intervento di chirurgia maggiore che fino a pochi anni fa si effettuava con taglio addominale.
Emorragia intra e postoperatorie che necessita di trasfusioni di sangue
Linfocele (accumulo di linfa in addome, che avviene solo in caso di linfadenectomia) spandimenti urinosi intorno all’anastomosi tra uretra e vescica
Lesioni della parete vescicale, lesioni del tratto intramurale dell’uretere
Tutte queste complicazioni sono direttamente proporzionali al grado di malattia, e ale caratteristiche del paziente (peso corporeo, grosse prostate con terzo lobo, pregressa chirurgia addominale o prostatica, PSA e stadiazione del tumore).
In questo caso svolge un ruolo fondamentale l’esperienza clinico/diagnostica del medico che studia bene la malattia e prepara il paziente all’intervento e anche la competenza e l’esperienza chirurgica dell’operatorie.
Il tasso complessivo di possibili complicanze è comunque drasticamente inferiore alle complicanze della prostatectomia radicale effettuata con tecnica tradizionale.
La nuova U.O. di Urologia 2 – Pineta Grande Gospital, diretta dal Dott. Donato Dente, si avvale delle più moderne tecnologie per la diagnosi e cura delle patologie urologiche. L’obiettivo é quello di poter dare al paziente un servizio di cura totale che consenta, in un percorso che va dalla diagnosi, alla terapia medica e chirurgica, al follow-up, di risolvere il prorpio problema urologico.
L’urologia 2 si avvale di tecnologie molto avanzate che consentono mini-invasivitá in ogni aspetto. Il SISTEMA ROBOTICO HUGO, e il LASER AD HOLMIO, che attualmente sono il gold standard nel trattamento chirurgico dei tumori dell’apparato urinario, per quanto concerne il robot, dell’ ipertrofia prostatica benigna e calcolosi urinaria per quanto ocncerne il laser ad holmio.
Il paziente potrá quindi essere preso in carico dai nostri specialsiti in albulatorio. Verrá cominciato un percorso diagnostico, terapeutico e chirurgico (ovemai necessario) che accompagnerà il paziente fino alla cura.
Tuttavia, alla base del percorso disgnostico, e non ci stancheremo mai di ribadirlo abbasta, ci sono 2 cose: prevenzione e diagnosi precoce, due step fondamentali che risultano assolutamente imprescindibili, e di cui le persone dovrebbero tenere conto, senza eccezioni.
In una recente intervista, il Dott. Dente, ha parlato di questo argomento, e ha ribadito nuovamente l’importanza dei controlli periodici.