Fino a qualche anno fa l’unico trattamento era di tipo chirurgico demolitivo. Esso comprendeva l’amputazione dell’organo genitale (pene) e la rimozione dei linfonodi inguinali superficiali e profondi causando oltre che gravi mutilazioni, anche non poche complicanze derivanti dall’intervento chirurgico.
Nonostante in alcune casi particolarmente aggressivi e invasivi, è necessario essere purtroppo molto radicali e invasivi per poter salvare la vita al paziente, oggi è possibile, sempre compatibilmente alla sicurezza oncologia, un trattamento di chirurgica mininvasiva e ricostruttiva che permette di poter rimuovere la malattia, consentendo al paziente una qualità della vita (anche sessuale) che in passato non riusciva ad avere.
La tecnica mininvasiva è possibile quando ci sono malattie che invadono solo gli strati superficiali del glande (Carcinoma In Situ/CIS) o al massimo il primo strato sottostante (Spongiosa del glande) [Fig. 1].
L’intervento consiste nella rimozione microchirurgica della cute del glande, o di cute e spongiosa insieme, andando a ricostruire la parte amputata con un lembo di pelle prelevato dal paziente stesso (innesto di pelle autologo).
Questa tecnica, nonostante un ottimo controllo oncologico della malattia permette di poter aver un ottimo risultato estetico e funzionale, consentendo al paziente di avere un pene e una qualità di vita sessuale sovrapponibile a prima dell’intervento.